In data 22 marzo noi ragazzi della V BP e V CP ci siamo recati a San Patrignano,
località situata tra le colline di Rimini. Abbiamo visitato la comunità, pranzato nel salone insieme agli
ospiti e ascoltato le loro storie. Un’esperienza davvero formativa che ci ha
permesso di raccogliere in modo più diretto e coinvolgente le informazioni
riguardo un 'mondo', quello della tossicodipendenza, che purtroppo al giorno
d'oggi coinvolge sempre più teenager e che alcuni di essi sottovalutano. Appena arrivati siamo rimasti impressionati dalla vastità di questo
posto: 280 ettari di terreno che comprendono vigneti, aziende zootecniche,
caseificio, cantina, svariati laboratori, centro medico, canile, macelleria e
inoltre tutti i luoghi adibiti alla vita dei ragazzi presenti in questa
comunità, circa 1500 persone con passati difficili o tossicodipendenze che qui
hanno la possibilità di essere curati e disintossicarsi. Tutto è molto curato
anche nei più piccoli dettagli, per rendere il posto più accogliente agli
abitanti della comunità. Qui la vita scorre
ordinatamente tra turni di lavoro, momenti di svago e studio…A San Patrignano
credono che la scuola sia ancora un ascensore sociale. Qualcuno per ricostruire
il proprio futuro riparte infatti dalle superiori con più motivazione di prima,
approfittando dei tanti corsi di formazione e universitari gratuiti.
La
prima cosa che si impara a San Patrignano è rimboccarsi le mani: tutti hanno un
compito da svolgere nei vari settori. Vedendoli lavorare si rimane colpiti
dall’attenzione ai particolari, dalla ricerca della bellezza e dall’espressione
della creatività in tutte le sue forme. La maggior parte dei processi di
trasformazione avviene a mano e questo garantisce al prodotto finito un'ottima
qualità.
Abbiamo inoltre visto da fuori
l'asilo nel quale le mamme possono tenere ì propri figli che possono dormire
con loro la sera, scelta secondo il nostro punto di vista molto importante, per
evitare un brusco distacco dalla madre e non dare una situazione famigliare
incerta anche al bambino. All’interno della comunità i ragazzi imparano a prendersi cura di loro assistendo i
più sfortunati anche nei bisogni quotidiani. Questa attività, a detta di uno
dei ragazzi di “Sanpa”, è molto gratificante e li aiuta anche nel loro percorso
di recupero. Siamo
rimasti impressionati dalla visione (appena entrati in sala da pranzo) di
persone in carrozzina, intubate e con evidenti problemi. Vedere come certe
sostanze se assunte possono autodistruggerci fa riflettere.
Durante il pranzo abbiamo avuto modo di
parlare con i nostri accompagnatori che ci hanno raccontato come si svolge la
vita all'interno della comunità. Ci sono regole molto severe: niente cellulare,
niente visite per un anno, nessuna relazione non autorizzata con persone
dell’altro sesso.
Ci ha colpito vedere come alcune di queste persone,
con un passato così burrascoso alle spalle, siano riuscite a raccontare a
ragazzi estranei il loro passato. Ci
hanno fatto effetto perché abbiamo capito che basta davvero poco per salire su
quella 'giostra', come l'ha definita uno di loro, che non smetterà più di
girare.
Trascorrendo un po’ di tempo con loro si
scopre il legame fraterno che unisce i ragazzi di uno stesso settore, un legame
difficile da
creare in un'area esterna dove i cellulari stanno prendendo il posto delle
parole.
Riteniamo la visita in questa comunità una tappa
importante nella crescita di un ragazzo della nostra età sia per rompere certi
pregiudizi ma anche perché, troppo spesso, pensiamo che le tossicodipendenze
siano realtà lontane dalle nostre vite quotidiane, ma ci siamo resi conto che
non è così. La maggioranza delle persone in cura hanno la nostra età o poco
più; le differenze possono essere state scelte sbagliate, brutte compagnie o la
mancanza di una famiglia alle spalle. Ma la loro voglia di rimettersi in gioco
e di riprendersi la loro vita è enorme e secondo noi è questo ciò che conta
davvero. (Eleonora Ferrari, Serena Galaverna, Giulia
Pelizzoni, Lorenzo Smerieri, classe V CP)
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